La storia di Elisabetta. un tumore a 35 anni e ora due figlie, grazie ai medici che mi hanno ascoltata

aBRCAdabra ETS ha coinvolto donne per uno studio che stabilisce la sicurezza della gravidanza dopo un cancro. In estate i primi risultati su PMA dopo cancro.

Se il cancro arriva quando hai 35 anni e stai decidendo di avere un figlio con il tuo compagno il dolore della diagnosi e la paura diventano una violenza in più sulla propria vita e sui propri progetti. Anni fa ricevere questa notizia voleva dire rinunciare al desiderio di maternità. Oggi i dati scientifici raccolti e analizzati nel primo studio internazionale su ‘tumore al seno associato a mutazione BRCA e gravidanza’ e pubblicato sulla prestigiosa rivista JAMA.

Elisabetta, giovane donna mutata BRCA2, al San Matteo di Pavia segue il percorso idoneo a una donna mutata: test genetico che darà responso di positività, mastectomia bilaterale e ricostruzione del seno. Poi arriva la terapia con la prescrizione di 5 anni di farmaco anti ormonale che rischia di azzerare quel progetto di avere figli che tanto desiderava. Ma lei, secondo precisi criteri, può interromperla prima perché risponde ad alcuni criteri- come ha stabilito un altro studio denominato ‘Positive’- per dedicarsi al sogno di un figlio.

“Un tempo la maternità dopo la diagnosi di tumore veniva controindicata, ora grazie a questo studio internazionale è possibile dire con dati solidi che la gravidanza dopo il cancro e le terapie è sicura sia per la mamma, per le recidive di malattia, che per i bambini, in merito a complicanze o malformazioni”. E’ la sintesi rivoluzionaria del primo studio internazionale che ha reclutato “più di 4.700 donne da 78 centri sotto i 40 anni”, che dà Matteo Lambertini, ricercatore e coordinatore dello studio, professore associato all’Università di Genova, oncologo all’ospedale Policlinico San Martino di Genova e membro scientifico dell’associazione aBRCAdabra.

L’associazione ha attivamente contribuito allo studio stesso attraverso l’arruolamento di associate con i criteri idonei. La chirurga senologa Alberta Ferrari, responsabile della struttura semplice dipartimentale “tumori eredo-famigliari” presso il Policlinico San Matteo, in qualità di responsabile locale per questo studio, ha sottolineato il ruolo propositivo dell’associazione nell’indagine e la svolta di speranza che porterà nella vita di tante giovani donne.

La storia di Elisabetta può diventare un simbolo per tante e lei mentre guarda le sue piccoline ne è felice: “Dopo due anni ho potuto interrompere la terapia ormonale” e da qui i diversi tentativi e poi finalmente la gravidanza.

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